Vediamo seri problemi con l’uso dei certificati in Svizzera.
1. I certificati non forniscono una protezione efficace, solo un falso senso di sicurezza.
Non solo è possibile utilizzare un certificato contraffatto, ma le persone vaccinate e guarite possono anche essere infettive e quindi contagiose. Allo stesso tempo, le persone sono cullateda un falso senso di sicurezza, si espongono a rischi maggiori e non vengono più attuate misure tali come mantenere le distanze o indossare la maschera. Il collaudato modello Corona del formaggio svizzero perde fette importanti nel controllo della pandemia. I malati asintomatici possono infettare altri esseri umani durante un evento 3G presumibilmente “sicuro”, che a loro volta possono ammalarsi gravemente o morire e, naturalmente, infettare altre persone. I placebo sono la medicina sbagliata in una pandemia. Temiamo che il certificato aggraverà la pandemia. Dati più recenti suggeriscono anche che la vaccinazione ha scarso effetto sulla diffusione del virus. Non abbiamo prove scientifiche sufficienti nemmenoper gli attuali periodi di validità dei certificati.
2. I certificati rafforzano la polarizzazione sociale e creano una libertà illusoria.
I certificati escludono le persone che non possono essere vaccinate o che non hanno documenti di identità. Questa situazione colpisce anche molti bambini. Discriminare le persone che non possono essere vaccinate è ingiusto e contraddice la tradizione umanitaria della Svizzera. Test frequenti – per assistere a eventi “3G” – risultano in definitiva impegnativi e possono essere finanziariamente rovinosi. La pressione generata dai certificati è un approccio sbagliato e conduce solo ad una maggiore resistenza tra le persone riluttanti e alla divisione della società. La certificazione obbligatoria irrigidisce solo i fronti. Invece di guadagnare fiducia nella nostra democrazia, la comunità viene (ulteriormente) divisa.
3. Attualmente in Svizzera non esiste l’obbligo generale di portare con sé un documento d’identità.
I certificati normalizzano l’identificazione costante negli spazi pubblici. Finora, l’identificazione è stata un’eccezione per buone ragioni. Questa situazione è minacciata dal certificato. Vogliamo che la nostra rimanga una società libera in cui l’anonimato resti la norma e l’identificazione l’eccezione. Anche in passato, molte leggi controverse in materia di sicurezza in Svizzera e all’estero erano state inizialmente temporanee, e tuttavia ad un certo punto sono diventate permanenti.
4. I controlli sono spesso inefficaci.
Gli ispettori non sono molto motivati a discutere con chi non ha il certificato. Notiamo infatti che in certi posti i controlli sono praticamente “volontari”, cioè, chi vuole mostra il suo certificato al controllore, altrimenti torna più tardi quando non c’è più controllo. Nel complesso, i certificati consentono di spostare le responsabilità verso il basso invece di stabilire a livello nazionale responsabilità chiare e adeguate ad un’emergenza globale. L’effetto è quello di creare norme altamente incoerenti e scarsamente giustificate, che poi pregiudicano anche l’effettiva applicazione delle misure. I controlli dei certificati sono più adatti a disperdere le responsabilità che a controllare i virus.
5. Il controllo dei certificati e i test COVID solo per ottenere certificati di breve durata provoca costi sociali elevati per un effetto a breve termine.
Il denaro e il capitale politico potrebbero essere utilizzati in modo più efficiente altrove. L’enfasi sui certificati ostacola così l’implementazione di soluzioni sostenibili per la gestione della pandemia.
Proponiamo di superare insieme questa pandemia attraverso la trasparenza politica. Vogliamo ripristinare la fiducia delle persone nella comunità, nello stato e nella scienza, invece di dividere la società usando i certificati come prova di buona salute. In alternativa ai certificat,i suggeriamo:
6. La pandemia deve essere contrastata in primo luogo con misure socialmente accettabili a lungo termine.
Ad esempio, il miglioramenti della ventilazione nelle aule scolastiche e nei trasporti pubblici sono stati finora raramente implementati in Svizzera. I controlli della qualità dell’aria su alcuni treni delle FFS mostrano valori di CO2 inaccettabilmente alti, il che suggerisce una scarsa ventilazione. Gli eventi di grandi dimensioni o le discoteche, che secondo la stessa valutazione dell’UFSP rappresentano un rischio elevato, devono essere limitati in caso di peggioramento della situazione pandemica. Le aziende devono essere completamente compensate per il mancato guadagno. Quando si attuano misure concrete, occorre trovare un equilibrio tra tutela della salute, restrizione delle libertà e interessi economici.
7. La fiducia nella vaccinazione nasce anche dalla trasparenza.
È difficile capire perché una grande organizzazione svizzera nel campo della medicina non sia soggetta al diritto svizzero. In questo caso, la Svizzera potrebbe convincere alcuni scettici, ad esempio revocando l’immunità diplomatica della GAVI Alliance. Se un’organizzazione è al servizio della popolazione, non ha bisogno dell’immunità diplomatica. L’immunità è necessaria contro i virus.
8. L’informazione si diffonde attraverso una stampa libera.
La stampa libera necessita della trasparenza dello Stato, non di burocrati, ricercatori e personale medico che tacciono per paura. La Svizzera ha urgente bisogno di provvedere ad una protezione più efficace degli informatori nella sua costituzione. Ai sensi della Legge sulla trasparenza, Ltras (BGÖ), le autorità sono inoltre tenute ad applicare il principio della divulgazione al pubblico invece del precedente principio di segretezza. Questo accade troppo raramente. Attualmente, importanti documenti e dati rilevanti per la crisi devono essere “estratti” dal governo con richieste di accesso e spesso procedimenti arbitrali.
1. Siamo a favore di un emendamento alla legge – non siamo contrari agli articoli dell’emendamento che nulla hanno a che vedere con l’utilizzo di certificati come attestati di buona salute (a livello nazionale).
Siamo a favore del sostegno del statale alle persone particolarmente colpite. L’urgenza della legge Covid permette di reintrodurre modifiche incontestate alla legge Covid già a dicembre 2021.
2. L’applicazione per il certificato svizzero Covid è tecnologicamente idonea.
Sembra soddisfare i requisiti tecnici minimi per quanto riguarda l’usabilità, la disponibilità del codice sorgente di base e la corretta verifica dei certificati. Tuttavia, è potenzialmente migliorabile. Ad esempio, il certificato “Light”, che è più rispettoso della privacy, non viene offertonelle impostazioni predefinite. Esiste anche un unico punto di insufficienza per la capacità offline, poiché dipendiamo dall’infrastruttura dell’UE. È dunque possibile disattivare lo stile di vita svizzerolimitato dai certificati, deliberatamente o per errore.
3. I certificati sono richiesti dai paesi esteri, ad esempio quando si entra nel paese.
La Svizzera, soprattutto in quanto non membro dell’UE, non ha alcuna influenza diretta su questo punto. Non proponiamo quindi l’abolizione totale dei certificati, ma solo il divieto dell’uso di certificati in Svizzera. Anche in caso di voto negativo alla legge Covid, il certificato potrà comunque essere utilizzato per viaggiare fino a fine marzo. Ciò lascia tempo più che sufficiente per introdurre una soluzione solo per viaggiare, come inizialmente previsto. La Spagna e l’Inghilterra, per esempio, non richiedono un certificato a livello nazionale, ma ne rilasciano per i viaggi all’estero. Va inoltre notato che non tutti i paesi dell’UE richiedono il certificato Covid per l’ingresso (p. es. Portogallo e Svezia) e, ad esempio, i cittadini statunitensi hanno la possibilità di entrare nell’UE e in Svizzera. Ciò dimostra che sono possibili altre soluzioni. Da notare: la maggior parte dei paesi del mondo non ha (!) un certificato Covid. Alcuni paesi richiedono, a seconda della situazione epidemiologica, un test PCR per l’ingresso, oppure impongono obblighi di quarantena all’ingresso.
A proposito, gli argomenti della campagna del Sì si trovano qui.
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